Amministratori di società, ecco le condizioni per rientrare nei Piani Welfare

• 3 Maggio 2017
• Diego Tornaghi

Con la risposta ad interpello n. 954-1417/2016, il 10 aprile 2017 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i Piani Welfare possono essere indirizzati anche agli amministratori di società, a patto che questi percepiscano compensi inquadrabili tra i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente come prescritto dall’art. 50, lettera c bis del TUIR.

Nel caso che ha dato origine a questa risposta – fornita dalla Direzione centrale normativa dell’Agenzia delle Entrate – la società istante chiedeva di conoscere quale fosse il trattamento fiscale corretto per dei servizi di abbonamento alla palestra e viaggi all’estero offerti ai componenti del proprio CDA e agli altri dipendenti.

I servizi, identici nel genere, avevano però un valore diversificato su tre livelli, composti da categorie omogenee: amministratori, dipendenti con una RAL compresa entro una certa soglia e dipendenti con retribuzione più alta.

Nella risposta l’Agenzia delle Entrate ha anzitutto confermato la natura ricreativa (di cui all’art. 100, comma 1 del TUIR) dei servizi, ritenendo quindi che questi fossero esclusi dal reddito di lavoro dipendente.

L’Agenzia ha inoltre riconosciuto l’esistenza dell’altro requisito necessario per ricomprendere il beneficio all’interno del Piano Welfare, ossia che opere e servizi vengano messi a disposizione della generalità delle categorie di dipendenti all’interno dell’azienda, seppure su basi diverse.

Da oggi in poi, dunque, i Piani Welfare che soddisfano le particolari condizioni descritte sopra – e spiegate più nel dettaglio in questo post dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano – possono essere indirizzati anche agli amministratori di società.